Thursday, January 24, 2002



IL SISTEMA HACCP


Il concetto di "Analisi di pericolo punto critico di controllo" (HACCP) è un sistematico approccio alla identificazione, valutazione e controllo dei pericoli. Il sistema offre una possibilità razionale di controllo dei pericoli microbiologici negli alimenti, evita le molte debolezze del metodo ispettivo ed aggira i difetti di affidabilità dell’indagine microbiologica.

Concentrando l’attenzione su fattori essenziali per la salubrità degli alimenti e trascurandone altri non determinanti, evita un inutile dispendio di risorse e offre la garanzia che i livelli di sicurezza vengano raggiunti e mantenuti.



Il sistema HACCP comprende le seguenti fasi tra loro in successione:







a. Identificazione dei pericoli e valutazione della loro severità e del loro rischio, associati alla coltura, raccolto, trattamento, confezionamento, distribuzione, vendita, preparazione e/o utilizzo di materie grezze o di prodotti alimentari.



-Per pericolo si intende la inaccettabile contaminazione, crescita o sopravvivenza negli alimenti di microrganismi che possono comprometterne la salubrità o essere responsabili del loro deterioramento e/o la inaccettabile produzione o persistenza negli alimenti di prodotti del metabolismo microbico, come tossine ed enzimi.

-Per severità si intende la grandezza del pericolo o la serietà delle possibili conseguenze.

-Per rischio si intende la stima della probabilità che il pericolo possa concretizzarsi.



L’analisi dei pericoli consiste in una valutazione di tutte le procedure coinvolte nella produzione, distribuzione ed utilizzo delle materie prime a dei prodotti alimentari, allo scopo di :



1- identificare le materie prime potenzialmente pericolose, gli alimenti che

possono contenere sostanze tossiche, microrganismi patogeni o grandi

quantità di microrganismi responsabili del deterioramento degli alimenti e/o

gli alimenti che possono favorire la crescita dei microrganismi ;

2- identificare le possibili fonti e gli specifici punti di contaminazione ;

3- valutarne la probabilità che i microrganismi possano sopravvivere o

moltiplicarsi durante la produzione, il trattamento, la distribuzione, lo

stoccaggio o la preparazione per il consumo;

4- stimare i rischi e la severità dei pericoli identificati.



b. Identificazione dei punti critici di controllo (ccp) a livello dei quali i pericoli identificati possono essere tenuti sotto controllo.

Un punto critico di controllo è una operazione (consuetudine, procedura, posizione o trattamento) a livello della quale può essere esercitato un controllo su o più fattori al fine di eliminare, prevenire o minimizzare un pericolo.

In alcuni tipi di trattamento, il controllo di una singola operazione (ccp) è sufficiente per eliminare completamente uno o più pericoli microbici, come ad esempio avviene nella pastorizzazione.





c. Individuazione dei criteri che indicano se una operazione cui corrisponde un determinato punto critico viene efficacemente tenuta sotto controllo.

I criteri sono limiti di caratteristiche di natura fisica (tempo, temperatura), chimica (ad esempio concentrazione di sale, di acido acetico), biologica oppure organolettica. È molto importante scegliere mezzi adeguati per verificare se a livello di un ccp un pericolo è tenuto sotto controllo. I fattori da sottoporre a monitoraggio possono includere:



-tempo e temperatura per alimenti trattati con il calore;

-attività dell’acqua di determinanti alimenti;

-pH di alimenti fermentati;

-concentrazione di cloro dell’acqua di raffreddamento delle partite di

scatolame trattate termicamente;

-livello di umidità in ambienti adibiti allo stoccaggio di alimenti disidratati;

-temperatura durante la distribuzione di alimenti refrigerati;

-spessore dei prodotti sottoposti alla refrigerazione;

-istruzioni presenti sull’etichetta del prodotto finito per la preparazione e

l’uso dello stesso da parte del consumatore.





Tutti i criteri di valutazione utilizzati dovrebbero essere specificati e documentati in modo chiaro e non ambiguo, indicando se necessario i limiti di tolleranza. La loro scelta dipenderà dalla utilità, dai costi e dall’applicabilità. In ogni caso essi devono garantire un’elevata sicurezza circa l’efficacia del controllo.







d. Programmazione e attuazione di procedure di monitoraggio di ogni ccp per verificare che esso sia realmente sotto controllo.

Il monitoraggio implica sistematiche osservazioni, misurazioni e/o registrazioni dei fattori significativi per il controllo del pericolo. Le procedure di monitoraggio scelte devono permettere di poter prendere misure correttive in situazioni sfuggite al controllo, sia prima che durante una determinata operazione.



e. Adozione di adeguate misure correttive nel caso in cui il monitoraggio indichi che i criteri stabiliti per la sicurezza e la qualità non sono stati raggiunti in un determinato punto critico di controllo.



f. Verifica, cioè l’uso di ulteriori informazioni e la esecuzione di altri esami, in modo di avere la conferma che il sistema HACCP sta funzionando come programmato.





La verifica può essere attuata dallo staff che si occupa del controllo o dal personale dei servizi di sanità pubbliche o di altre agenzie (ad esempio i NAS in Italia) di regolamentazione. Questa fase implica una revisione del piano di HACCP, per verificare se sono stati evidenziati tutti i rischi e se tutti i punti critici di controllo sono stati identificati, se i criteri sono appropriati e se le procedure di monitoraggio sono realmente efficaci nella valutazione delle varie operazioni. È necessaria una revisione dei dati registrati e l’esecuzione di test supplementari per valutare l’efficacia del monitoraggio.







q APPLICAZIONE DEL SISTEMA HACCP



Contrariamente alle tradizionali attività ispettive, il sistema HACCP si basa sulla comprensione di quei fattori che contribuiscono all’insorgenza di episodi di malattie di origine alimentare e sui dati della ricerca applicata all’ecologia, moltiplicazione e inattivazione dei microrganismi patogeni. Anche dove i dati non sono disponibili, una analisi dei pericoli può essere utile per individuare i potenziali problemi e per identificare i punti critici di controllo di una determinata fase operativa. In questo modo i servizi di igiene pubblica potranno impegnare le proprie risorse sui maggiori rischi sanitari in un’azienda alimentare, piuttosto che su generiche misure igieniche o su miglioramenti superficiali. Sebbene la fase iniziale di un’analisi dei pericoli possa richiedere tempi più lunghi rispetto ad un’indagine ispettiva, essa permette di ottenere informazioni precise sul processo di lavorazione degli alimenti. Le successive ispezioni per verificare che gli operatori effettuino un efficacie monitoraggio dei punti critici, avverranno un grande risparmio di tempo. I benefici che deriveranno dalla maggior sicurezza circa la salubrità degli alimenti dovrebbero compensare il tempo speso inizialmente per l’analisi dei pericoli e delle successive verifiche.





L’esperienza insegna che il sistema HACCP fornisce una maggiore garanzia di sicurezza degli alimenti rispetto ad altri sistemi, come il metodo tradizionale di controllo di qualità, basato su test effettuati sul prodotto finito. Infine si può affermare che il monitoraggio dei punti critici di controllo è meno costoso e più efficace rispetto alle analisi di campioni e all’ispezione degli impianti di trattamento. Nel tentativo di identificare i potenziali pericoli, è necessario considerare tre settori:



-le materie prime utilizzate;

-le procedure di trattamento;

-il tipo di utilizzazione del prodotto finito.







Procedure di trattamento degli alimenti. In un impianto di trattamento

degli alimenti i pericoli possono essere legati a vari fattori:

-provenienza degli ingredienti;

-formulazione;

-attrezzature per il trattamento;

-durata del trattamento;

-durata della conservazione;

-esperienza e/o atteggiamenti del personale.





Il sistema di analisi di pericolo può essere applicato ad ogni tipo di alimento già esistente e sulle linee di trattamento, nonché su ogni nuovo prodotto che si intenda preparare. Ogni modificazione della fonte di approvvigionamento delle materie prime, nella formulazione del prodotto, nel confezionamento, nella distribuzione o nelle modalità d’uso del prodotto rende necessaria una nuova valutazione, in quanto ogni cambiamento può influenzare negativamente la sicurezza o la conservabilità dell’alimento.

Il sistema HACCP può essere applicato su prodotti lavorati sia in laboratori artigianali sia in impianti industriali tecnicamente avanzati. Nel primo caso ci si dovrà accontentare di applicare procedure di monitoraggio più semplici ma sempre, in ogni caso, sufficientemente accurate e riproducibili, tali da fornire risultati chiari e quantificabili.







Ristorazione collettiva. Nei servizi di ristorazione collettiva viene oggi preparata una grande varietà di alimenti. I principali sistemi di ristorazione sono rappresentati da:



- cottura e distribuzione immediata;

- cottura e conservazione a caldo;

- cottura/refrigerazione;

- cottura/surgelazione;

- assemblaggio delle porzioni e distribuzione.





Il sistema HACCP è applicabile ai prodotti lavorati in ognuno di questi sistemi. I punti critici di controllo (ccp) sono simili in ognuno dei sistemi, ma in uno stesso esercizio possono essere attivati contemporaneamente diversi sistemi di lavorazione degli alimenti.

In molti paesi è diffusa la vendita su banchi ambulanti e in mercati di alimenti crudi di origine animale, pesce fresco appena pescato, frutti di mare, prodotti crudi di origine vegetale, cereali, frutta, prodotti lattieri, gelati, succhi e bevande ghiacciate. Alcuni di questi prodotti vengono cotti dai venditori ambulanti o sono trattati, preparati e cotti in laboratori artigianali, in stabilimenti di ristorazione o in casa, molto prima di essere venduti e consumati. I rischi potranno variare in dipendenza di:



- provenienza degli alimenti;

- metodi di rinfrescatura, conservazione, trattamento e preparazione;

- durata e condizioni della conservazione o della esposizione per la vendita;

- intervallo tra il riscaldamento e il consumo.





Il sistema HACCP può essere utilizzato per identificare i pericoli e valutare i rischi nella preparazione e nella conservazione degli alimenti anche a livello di esercizi di vendita ambulante. Possono quindi essere applicate misure di prevenzione alla maggior parte delle fasi di preparazione, di conservazione, di esposizione e di distribuzione più esposte al pericolo, ovunque sia possibile esercitare un controllo.



Il sistema HACCP può essere applicato anche alla produzione e alla raccolta delle colture, all’allevamento del bestiame e del pollame, alla pesca, alla raccolta di frutti di mare e in genere ad ogni attività che implichi trasporto, stoccaggio e vendita di alimenti. Le informazioni raccolte durante l’analisi di pericolo e l’esperienza accumulata nel monitoraggio dei punti critici di controllo possono essere utilizzate per la formazione di staff professionali, di addetti alla lavorazione degli alimenti, o dei consumatori stessi. Addestramento e programmi educativi debbono costituire una parte integrante ed altamente prioritaria delle attività mirate alla sicurezza degli alimenti.





q DOVE APPLICARE E VALUTARE IL SISTEMA HACCP



La scelta degli ambienti da sottoporre ad indagine dovrebbe basarsi

su quattro fattori:



1- proprietà dell’alimento;

2- lavorazione dell’alimento;

3- quantità di alimento preparato;

4- suscettibilità del consumatore.



Il fattore "proprietà dell’alimento" va riferito in primo luogo alla storia epidemiologica degli alimenti preparati e distribuiti in una azienda o servizio ed è determinato sulla base di dati locali, nazionali o internazionali.



Il fattore "lavorazione dell’alimento" valuta le procedure cui sono solitamente sottoposti gli alimenti. Tali procedure possono essere causa di contaminazione dell’alimento stesso, possono non essere efficaci nella distruzione dei contaminanti o infine possono favorire la moltiplicazione dei microrganismi, ad esempio per un’impropria conservazione degli alimenti.

La "quantità di alimento preparato" o numero giornaliero medio di clienti è un altro fattore di rischio, esso aumenta con il prolungarsi della durata della conservazione.





La "suscettibilità del consumatore" rappresenta un fattore di rischio. I soggetti maggiormente suscettibili alle malattie rispetto alla normalità sono esempi di popolazioni ad alto rischio.

Nella scelta degli stabilimenti commerciali dove effettuare un’analisi tipo HACCP bisogna dare priorità a: aziende coinvolte in episodi di epidemia di origine alimentare; aziende nelle quali si trattano alimenti comunemente implicati in casi di tossinfezioni; ambienti ove alimenti a rischio sono preparati in anticipo rispetto al consumo e dove gli stessi vengono probabilmente conservati in condizioni che favoriscono la crescita microbica e dove il riscaldamento prima della distribuzione potrebbe non essere sufficiente alla inattivazione di patogeni o di tossine.







q ANALISI DEI PERICOLI E VALUTAZIONE

DELLA LORO GRAVITÀ E DEI RELATIVI RISCHI



Un pericolo può essere rappresentato dalla contaminazione dell’alimento da parte di microrganismi capaci di determinare il deterioramento dei cibi, vale a dire un’alterazione del prodotto prima che sia scaduto il normale pericolo di conservabilità. In altri casi il pericolo può derivare dalla sopravvivenza di germi indesiderabili o dalla persistenza di tossine dopo il trattamento con il calore o ancora dalla moltiplicazione dei microrganismi quando l’alimento è tenuto nelle seguenti condizioni:





a) a temperatura ambiente o temperatura esterna calda per diverse ore;



b) a caldo, in stufe o altre attrezzature, ma a livelli di temperatura insuf-ficienti per impedire la moltiplicazione microbica;



c) in frigorifero o in altri dispositivi di refrigerazione, ma a temperatura non sufficientemente bassa o in pezzature di eccessive dimensioni. Il pericolo può anche essere rappresentato dalla contaminazione accidentale dell’alimento con sostanze chimiche, a causa di operazioni agricole in corso o durante il trattamento, la preparazione o la custodia del prodotto alimentare.

In altri casi il pericolo può derivare da una sostanza chimica aggiunta ad un alimento in quantità superiore alle necessità culinarie o della lavorazione, oppure da sostanze tossiche passate negli alimenti ad elevata acidità, quando sono presenti nei contenitori, nelle tubature o nei loro rivestimenti, oppure da sostanze venute accidentalmente a contatto con l’alimento.





L’analisi dei pericoli è la prima fase del sistema HACCP. È necessaria una notevole esperienza tecnica per una corretta valutazione dei pericoli e della loro gravità e per una stima dei rischi conseguenti. Una valutazione non corretta non può garantire la sicurezza richiesta e provocherà un aumento dei costi.





Fattori correlati alla contaminazione:



- gli alimenti crudi (ad esempio: carne cruda, pollame) sono contaminati da

salmonelle;

- soggetti portatori di infezioni possono venire a contatto con alimenti pronti

per il consumo non destinati ad un ulteriore trattamento termico efficace;

- microrganismi provenienti da alimenti crudi di origine animale, attraverso

le mani degli operatori, strofinacci o utensili, possono contaminare alimenti

cotti o prodotti che in ogni caso non sono sottoposti ad un ulteriore

trattamento termico;

- attrezzature che a volte non vengono adeguatamente pulite;

- materie prime che provengono da fonti non sicure (ad esempio: frutti di

mare, latte crudo);

- alimenti ad elevata acidità conservati in contenitori o fatti scorrere in

tubature che contengono metalli tossici come antimonio, rame, cadmio,

piombo o zinco. La elevata acidità del prodotto rende solubili tali sostanze o

ne determina il passaggio nel prodotto alimentare;

- alimenti o ingredienti di base contaminati che vengono consumati crudi o

dopo un trattamento termico non sufficiente;

- aggiunta agli alimenti di sostanze in concentrazione eccessiva rispetto alle

necessità culinarie o alle esigenze di trattamento;

- sostanze velenose, come ad esempio pesticidi, giunte in contatto con gli

alimenti a causa, di negligenza, incidenti o impropria custodia. In altri casi

sostanze tossiche scambiate per ingredienti;

- contaminazione durante lo stoccaggio, in seguito ad esposizione degli

alimenti a infiltrazioni, a perdite o a riflussi di acque di scarico;

-agenti contaminanti penetrati all’interno di scatole, barattoli o confezioni

attraverso saldature difettose o punti di rottura;

- alimenti contaminati ad opera di liquami durante la coltivazione o la

produzione.



Fattori correlati alla sopravvivenza dei microrganismi:



- alimenti cotti o trattati termicamente per un tempo non sufficiente o ad una

temperatura non adeguata;

- alimenti cotti in precedenza, riscaldati per un tempo insufficiente o ad una

temperatura non adeguata;

- alimenti non sufficientemente acidificati.





Fattori correlati alla moltiplicazione dei microrganismi:



- alimenti cotti lasciati a temperatura ambiente;

- alimenti refrigerati in modo adeguato;

- prodotti caldi conservati ad una temperatura che permette la moltiplicazione

dei microrganismi;

- alimenti preparati mezza giornata o più prima di essere consumati;

- processo di fermentazione (e quindi la produzione di acidi) inadeguato o

lento;

- nei trattamenti di salagione uso di una concentrazione troppo bassa di sale

oppure tempo di salagione troppo breve;

- alimenti a bassa o media umidità con elevato valore di attività dell’acqua

oppure esposti a formazione di condensa;

- azione selettiva dell’ambiente che permette la moltiplicazione di certi

patogeni sia fornendo condizioni favorevoli (es: confezionamento sottovuoto),

sia determinando, l’inibizione di microrganismi competitivi.





Nel corso di un’analisi dei pericoli di una lavorazione, dovrebbe essere valutata ogni singola fase per determinare se una qualsiasi delle situazioni sopra illustrate si sia già verificata, stia verificandosi o possa probabilmente verificarsi.









q ANALISI DELLE PROCEDURE DI LAVORAZIONE:





preparazione per l’analisi



È opportuno visitare alcuni stabilimenti dello stesso tipo, nei quali è già programmata un’analisi dei pericoli. Si osservi la situazione e si parli con il personale responsabile, che potrà essere il dirigente dello stabilimento alimentare, l’esercente, l’ambulante o la casalinga, per ottenere informazioni sul tipo di alimenti abitualmente preparati, sul modo in cui sono lavorati e sul momento in cui sono allestiti.



È necessario spiegare le finalità dello studio e la durata prevista. Bisogna cercare di capire quale grado di collaborazione ci si può aspettare e se si avrà bisogno di attrezzature particolari. Si sceglierà il luogo dove effettuare l’indagine, quindi si preparerà il giorno della visita, stabilendo la data e l’ora di arrivo.

È bene sottolineare che si sta effettuando un’indagine scientifica, non un’ispezione, e che i dati che si otterranno non verranno utilizzati per condannare o per mettere in imbarazzo qualcuno.

Si spiegherà al personale coinvolto che la sua pazienza e la sua collaborazione saranno di grande aiuto per il Ministero della Sanità o per altri organi ufficiali (es: USL) interessati allo studio, per capire le varie procedure di preparazione e di trattamento degli alimenti in un paese o in una collettività, e che il risultato dello studio sarà utilizzato come base per una campagna di educazione sanitaria.

Chiedere, infine, al personale coinvolto di preparare o di sottoporre al trattamento gli alimenti nel modo abituale, informandolo che lo si osserverà, che si effettueranno rilevamenti e che probabilmente si raccoglieranno dei campioni.







intervista ai responsabili



Si comincerà col chiedere informazioni al personale dirigente e agli operatori su ogni fase della lavorazione, cercando - se possibile - di ottenere una storia completa sulla preparazione e sul trattamento dell’alimento indagato. Tale storia dovrebbe tenere conto delle fonti di approvvigionamento degli alimenti o degli ingredienti di base, del personale che viene a contatto con essi, delle procedure di lavorazione e degli utensili utilizzati, di tutte le possibili fonti di contaminazione durante la manipolazione, e delle combinazioni di tempo e di temperatura a cui i cibi sono stati esposti.

Si parlerà quindi con il personale responsabile di ogni operazione. Si cercherà di ottenere, se possibile, la ricetta, la formula o la composizione del prodotto. Si osserverà la sequenza delle operazioni, dall’arrivo degli ingredienti di base fino alla distribuzione, vendita o consumo del prodotto finito, annotando i valori registrati di temperatura e la durata di ogni fase.

In uno stabilimento di trasformazione, ad esempio, l’indagine riguarderà le condizioni nelle quali vengono tenuti gli animali nelle stalle di sosta prima dell’abbattimento, la macellazione stessa, le fasi di depilazione, di spennatura, di lavaggio, di eviscerazione, di trattamento al calore, di raffreddamento, di congelamento, di essiccamento, di fermentazione, di acidificazione, di affumicamento, di confezionamento e di stoccaggio.



In un servizio di ristorazione o in un ambiente domestico, l’indagine dovrà essere rivolta probabilmente alle seguenti fasi: ricevimento delle materie prime, conservazione, preparazione, cottura, manipolazioni successive alla cottura, mantenimento al caldo, raffreddamento, riscaldamento successivo e distribuzione delle porzioni di cibo.

Dovranno essere studiate anche le operazioni negli stabilimenti dove gli ingredienti di base vengono previamente conservati o trattati e i metodi di conservazione e i tipi di preparazione utilizzati dopo che tali prodotti hanno lasciato gli stabilimenti.







q OSSERVAZIONE DELLE FASI DI LAVORAZIONE



Nel corso di un’analisi dei pericoli è necessaria una specifica valutazione dei prodotti e delle operazioni eseguite.

L’attenzione ai prodotti include l’informazione sulla formula, sul processo di trattamento, sulle condizioni previste per la distribuzione e per l’uso.





A questo scopo è necessario ottenere una risposta alle seguenti domande:





formula o ricetta



1. quali materie prime o ingredienti vengono utilizzati?

2. è probabile che sui prodotti o all’interno di essi siano presenti

microrganismi di particolare interesse e, nel caso lo fossero,

quali possono essere?

3. qualcuno degli ingredienti ha proprietà tossiche o contiene

sostanze tossiche?

4. nel caso in cui vengano utilizzati conservanti, la loro concentrazione

è sufficiente per ostacolare la crescita di microrganismi dannosi?

5. è possibile che alcuni ingredienti siano usati in concentrazioni

troppo elevate o troppo basse per le necessità culinarie?

6. il pH del prodotto è tale da impedire la crescita microbica o da

inattivare particolari germi patogeni?

7. il valore di attività dell’acqua (aw) è in grado di ostacolare

la crescita microbica?





trattamento e preparazione degli alimenti



1. può un contaminante raggiungere il prodotto durante la preparazione,

il trattamento o la conservazione?

2. la cottura, il riscaldamento o gli altri trattamenti sono tali da essere

efficaci nell’attivare microrganismi nocivi o sostanze tossiche?

3. è possibile che microrganismi o tossine pericolosi possano contaminare

l’alimento dopo il trattamento termico?

4. è possibile che durante la preparazione o la conservazione si moltiplichino

microrganismi pericolosi?

5. che influenza hanno la confezione o il tipo di contenitore sulla

sopravvivenza e/o lo sviluppo microbico?

6. qual è la durata di ogni fase del trattamento, della preparazione, della

conservazione e della distribuzione?





uso previsto dei prodotti finiti



1. dopo aver lasciato l’impianto o il magazzino, è previsto che il prodotto

sia conservato caldo, refrigerato o congelato oppure a temperatura ambiente?

2. la combinazione tempo/temperatura prevista per un successivo

riscaldamento è sufficiente per l’inattivazione dei microrganismi o delle

tossine degni d’attenzione?

3. se l’alimento non viene consumato subito dopo il riscaldamento, sarà

conservato a caldo o a temperatura ambiente?

4. il prodotto verrà sottoposto ad ulteriori manipolazioni o in ogni caso

esposto ad altre possibilità di contaminazione?





La risposta a queste domande permetterà di individuare potenziali pericoli e potrà fornire un’indicazione sulla loro severità e sui relativi rischi. In alcuni casi può essere necessario inoculare un prodotto alimentare con dei patogeni e sottoporlo alle normali condizioni esistenti durante la distribuzione, la conservazione, l’utilizzo e la manipolazione, per determinare se tali condizioni possono permettere la moltiplicazione dei microrganismi.



Il protocollo e l’interpretazione dei risultati del test dovrebbero essere sottoposti a revisione da parte di un microbiologo degli alimenti. Se necessario potrebbero essere raccolti campioni di alimento per ricercare microrganismi come Streptococcus aureus. Escherichia coli, o salmonelle per confermare le osservazioni eseguite o per individuare problemi originatisi nel periodo in cui non sono state eseguite osservazioni.

Gli esami dei campioni non possono mai sostituire l’osservazione: tuttavia, i risultati possono fornire ulteriori informazioni e forse confermare delle ipotesi. In ogni caso, una piccola carica microbica può non essere evidenziata, e l’affidabilità della ricerca quantitativa si riduce se viene sottoposto ad indagine un numero di campioni troppo piccolo.



Occorre valutare l’efficacia della pulizia, degli utensili e delle attrezzature

per mezzo di:



- l’osservazione delle procedure di pulizia

- la misurazione di temperatura e/o concentrazione delle soluzioni dei

detergenti e dei disinfettanti, e del tempo di contatto

- il rilievo dell’aspetto delle attrezzature dopo la pulizia e in altre circostanze

- il prelievo di campioni delle superfici con tamponi o piastre a contatto.

q MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA DELL’ALIMENTO



Occorre misurare la temperatura dell’alimento per mezzo di termocoppie o termometri, allo scopo di valutare la possibilità di crescita microbica. Possono essere usate termocoppie a baionetta, abbastanza lunghe da raggiungere, nelle parti interne del prodotto, il punto a livello del quale la temperatura deve essere misurata, coincidente quasi sempre con il centro geometrico. Se possibile, inserire la maggior parte dell’asta della sonda nel prodotto da esaminare.

Se viene utilizzato un termometro a baionetta, spingere la punta del termometro oltre il centro geometrico. Quindi alzare o abbassare il termometro per individuare la zona in cui si reperisce la temperatura più alta, in un prodotto che viene sottoposto a raffreddamento, o la temperatura più bassa in un prodotto trattato con il calore.



Per misurare la temperatura superficiale di un prodotto si può premere o attaccare sulla superficie del prodotto una termocoppia con bottone terminale, inserire una termocoppia espandibile immediatamente sotto la superficie o puntare un potenziometro riflettente sulla superficie. La termocoppia va collegata a un potenziometro e vanno effettuate letture ad intervalli di tempo appropriati, oppure vanno registrate le misurazioni automaticamente.

Gli intervalli di tempo vanno misurati con un orologio oppure, in caso di misurazione automatica, le registrazioni vanno effettuate su carta che si muova a velocità nota. È utile misurare la temperatura degli alimenti, durante o dopo determinate operazioni - ad esempio durante o alla fine della cottura o del riscaldamento, o nel periodo successivo a questa operazione, quando la temperatura continua a salire.



Per alimenti cotti in pentola a pressione o in autoclave, assicurarsi del loro buon funzionamento, controllare la temperatura ed il tempo di trattamento, le modalità di apertura, la buona tenuta delle guarnizioni, e accertarsi che il raffreddamento sia ottenuto in modo igienicamente corretto.

Misurare la temperatura nel tempo di conservazione degli alimenti, mantenuti a caldo o in refrigerazione, prima di essere serviti, per valutare la possibilità che queste condizioni possano favorire la moltiplicazione batterica e, in caso positivo, per valutare se la crescita può avvenire lentamente o velocemente. Prendere nota della velocità di raffreddamento di un alimento conservato a temperatura ambiente, in frigorifero o in un’altra apparecchiatura di refrigerazione.

Nella valutazione della probabile velocità di raffreddamento e quindi della possibile crescita microbica, tenere conto delle dimensioni del recipiente e del livello di riempimento dello stesso. Osservare a. se vengono usati dei coperchi - essi ostacolano il raffreddamento, ma possono impedire ulteriori contaminazioni ed anche la dispersione di vapore o di odori - b. se i contenitori sono ammucchiati l’uno sull’altro senza interspazi tra loro, così da ostacolare il raffreddamento c. la collocazione dei contenitori all’interno del frigorifero (non indifferente per il raffreddamento e per la possibilità di contaminazioni crociate).



Se si ha il sospetto che una fase del trattamento e della preparazione possa aver permesso la sopravvivenza o la moltiplicazione di microrganismi, è opportuno prelevare campioni di alimento ad opportuni intervalli ed effettuare su di essi le conte totali dei germi aerobici mesofili, o ricercare i patogeni di speciale interesse.



È necessario interpretare però con molta cautela i risultati del laboratorio, in quanto le conte sono una distribuzione di probabilità e le misurazioni individuali possono essere distribuite in un intervallo notevolmente ampio.

Le termocoppie ed i termometri devono essere puliti e disinfettati dopo ogni misurazione. Le prime vanno disinfettate immergendo il sensore in acqua bollente o in etanolo al 95% (alcool etilico) e passandolo subito dopo sulla fiamma. Tale operazione deve essere ripetuta per tre volte. È opportuno assicurarsi che la fiamma si sia spenta completamente, prima di immergere di nuovo il sensore nell’acqua. Nel caso in cui l’etanolo nel contenitore prenda fuoco, coprirlo immediatamente con il coperchio: in mancanza di ossigeno, la fiamma si spegnerà.

Il termometro può essere disinfettato immergendo per pochi secondi la baionetta o il bulbo in acqua bollente o in una provetta contenente una soluzione di ipoclorito di sodio, nella concentrazione di 100 mg/l per 30 secondi. In alcuni casi può essere pratico mantenere in ebollizione una pentola di acqua, per disinfettare termometri e termocoppie.









q MISURAZIONE DEL pH DELL’ALIMENTO



Per misurare il pH di un alimento possono essere utilizzati diversi tipi di elettrodi. Alcuni sono dotati di un’asta a baionetta che può essere inserita all’interno del prodotto. Altri, comunemente utilizzati nei laboratori per misurare il pH dei terreni, hanno l’estremità appiattita, facile da appoggiare sulla superficie dell’alimento da controllare. Se viene invece utilizzata una normale sonda da laboratorio per misurare il pH di mezzi liquidi, è necessario che il prodotto da saggiare sia già in forma liquida o macinato o omogeneizzato con acqua distillata appena bollita e quindi raffreddata (pH 7).

L’elettrodo viene collegato ad un piaccametro tarato secondo le condizioni della ditta produttrice, con l’impiego di almeno due soluzioni tampone standard (di solito a pH 4 o 7 o 10). L’apparecchio, prima di ogni serie di prove, va calibrato tenendo conto della temperatura. Gli elettrodi, tra una misurazione e l’altra, devono essere puliti e sciacquati per tre volte con acqua distillata bollita o soluzione tampone a pH 7. A questo scopo è utile servirsi di una spruzzetta.









q MISURAZIONE DELL’ATTIVITÀ DELL’ACQUA

DI UN ALIMENTO (aw)



Per misurare l’attività dell’acqua di un prodotto, porre l’alimento in un contenitore a chiusura ermetica impermeabile al vapore, abbastanza capiente da poter contenere un campione rappresentativo, ma abbastanza piccolo, in modo che lo stesso possa raggiungere l’equilibrio in un tempo ragionevole. Dato che la temperatura influenza l’attività dell’acqua (aw), il contenitore andrà sistemato in una cella a temperatura costante, nella quale le fluttuazioni non superino gli 0,3°C. Una ventolina all’interno della cella aiuterà a mantenere costante la temperatura.

Per minimizzare ulteriormente le fluttuazioni di temperatura è utile porre il contenitore - con il sensore attaccato - all’interno di una scatola di polistirolo. Il contenitore, in alcuni strumenti, viene posto in un bagno maria, oppure viene automaticamente raffreddato o scaldato per mantenere costante la temperatura.

Per calibrare l’igrometro a determinati valori di aw - come indicato dalla ditta produttrice - vengono utilizzate soluzioni saline standard (ad esempio MgCl2 NaCl, KCl, KNO3, K2SO4) o soluzioni di acido solforico.

Scegliere soluzioni saline o di acido solforico con un valore di aw vicino a quello dell’alimento da controllare.

È bene calibrare frequentemente lo strumento per ottenere misurazioni il più accurate possibile (ad esempio ogni volta che gli scarti vadano oltre il 2-3%).



Possono rendersi necessarie calibrazioni mensili: porre il campione in un piccolo piatto di plastica e introdurlo nel contenitore con il sensore inserito; aspettare che il campione raggiunga una situazione di equilibrio - per questo possono essere necessari 20 minuti o 24 ore in rapporto alle dimensioni del campione.

L’attività dell’acqua è indicata dal valore letto sull’apparecchio, dal valore registrato o da una curva di calibrazione. Tutte le volte che se ne ha la possibilità è opportuno effettuare test su campioni prelevati in doppio, e considerare la media dei risultati. Si considera raggiunto l’equilibrio quando due successive letture, effettuate a distanza di un’ora, differiscono meno di 0,01 unità con apparecchi a lettura diretta, o quando si raggiunge un plateau su apparecchi a registrazione.







q PRELIEVO DI CAMPIONI DI ALIMENTI



Se possibile servirsi di un laboratorio, si preleveranno campioni ad ogni fase di lavorazione, prima o dopo ogni operazione, per determinare l’influenza di questa sulla contaminazione, sopravvivenza e moltiplicazione di microrganismi.

Il prelievo deve essere effettuato servendosi di utensili sterili o disinfettati e ponendo i campioni in vasi o buste di plastica sterili.



La quantità del campione di alimento da analizzare deve essere abbastanza grande, al fine di poter effettuare tutte le ricerche previste: di solito è sufficiente una porzione di 200 g o 200 ml. Basterà una porzione più piccola se si richiede un solo test.

In ogni caso è bene concordare con il laboratorio la quantità da prelevare. Nei casi in cui non sia possibile prelevare un campione di tali dimensioni, si raccoglierà un campione più piccolo chiedendo al laboratorio di adattare le procedure a questa situazione particolare.

Prima di prelevare il campione bisogna sempre registrare la temperatura del locale, del frigorifero o dell’apparecchiatura per la conservazione a caldo dove il prodotto viene conservato. Per misurare la temperatura del prodotto da prelevare, si può intervenire in due modi: a. misurare la temperatura del cibo che resta dopo che il campione è stato raccolto b. se per conservare il campione si utilizzano buste di plastica, far uscire l’eccesso di aria, avvolgere il sacchetto pieno attorno alla porzione sensibile del termometro e lasciarlo in questa posizione fino a che la temperatura non si sia stabilizzata.

Siglare ogni campione con un numero, che permetta di identificare lo stabilimento di origine e il campione stesso. Se il campione è caldo bisognerà immergerlo in acqua corrente o in un contenitore con acqua o con ghiaccio, fino a che il campione non risulti freddo al tatto. I campioni di alimenti deperibili, non congelati al momento del prelievo, vanno refrigerati al di sotto di 4,4°C e mantenuti in queste condizioni fino al momento delle analisi. I campioni non vanno mai congelati in quanto alcuni batteri (ad esempio quelli Gram negativi o forme vegetative di Clostridium perfringens) vengono rapidamente inattivati alle temperature di congelamento.

Si confezioneranno, quindi, i campioni con materiali isolanti, per mantenere la temperatura costante durante il trasporto, e si invieranno al laboratorio il più velocemente possibile in un contenitore termicamente isolato (frigo portatile).



Al laboratorio, assieme al campione, dovrà essere inviata una copia del verbale di campionamento con l’indicazione del numero di registrazione, la data e l’ora del prelevamento, il tipo di materiale prelevato. Una copia del verbale dovrà essere trattenuta da chi invia il materiale.







L’attrezzatura necessaria per la raccolta, la conservazione e il trasporto dei campioni deve comprendere:



- contenitori sterili per i campioni: buste di plastica sterili a perdere, tipo stomacher; vasi a collo largo, capacità 150 ml, con tappo a vite; bottiglie per campioni di acqua (le bottiglie per acqua clorata dovranno contenere una quantità di sodio-tiosolfato sufficiente per ottenere una concentrazione di 100 mg/1000 ml di campione); carta pesante da pacchi; contenitori metallici con coperchi a chiusura ermetica.

- utensili in confezioni sterili per la raccolta dei campioni: cucchiai, mestoli, abbassalingua a paletta, coltelli da macellaio, pinze, pinzette, spatole, punte di trapano, tubi metallici da cm.1-2.5 di diametro e da cm.30-70 di lunghezza; pipette, forbici, tamponi, spugne, tamponi di Moore (blocchetti di garza ottenuti ripiegando più volte strisce da 180 x 15 cm. tenuti insieme da legature di spago o di fil di ferro).

- agenti di sterilizzazione: etanolo al 95%, lampade flambatrici a gas propano.

- prodotti e mezzi per la refrigerazione: refrigeranti commerciali in buste di plastica, sostanze liquide in barattoli, borse di gomma o di plastica pesante, da poter riempire con acqua e poi congelare, borse di plastica pesante per ghiaccio, ghiaccio in barattoli.

- attrezzatura generale: pennarelli a punta fine indelebili, rotolo di nastro adesivo, cotone, trapano elettrico - se si devono prelevare campioni da prodotti congelati -, fiammiferi, acqua peptonata 0,1% o acqua distillata tamponata (5 ml ) in provette con tappo a vite; portaprovette, contenitori di materiale isolante, moduli per la registrazione dei campioni.

- abbigliamento (facoltativo): càmici, copricapo, guanti e soprascarpe di plastica a perdere.





q PRELIEVO DI CAMPIONI AMBIENTALI E CLINICI



In alcuni casi può essere utile il prelievo di altri tipi di campioni. Ad esempio il prelievo di campioni di acqua, anche se non rientra solitamente in un’indagine HACCP, può rendersi necessario nei casi in cui la rete idrica di distribuzione sia soggetta ad inquinamento: infatti l’acqua rappresenta un ingrediente in molti alimenti, e inoltre viene utilizzata per lavare mani, utensili e contenitori per alimenti, ed è adoperata in operazioni che possono essere punti critici di controllo. Diventano allora necessarie analisi per confermare o escludere le varie ipotesi.

Infine, può essere utile associare ad un’indagine HACCP un piano di sorveglianza ambientale, per valutare i rischi legati all’ambiente e agli alimenti.

Il prelievo di campioni provenienti dal personale non è solitamente previsto in un’analisi dei rischi; però, quando l’analisi rientra in un’indagine su un episodio di malattia alimentare, oppure quando devono essere effettuati controlli medici su soggetti sottoposti a trattamento per forme diarroiche, può risultare utile il prelievo di campioni per identificare ulteriori casi, per individuare la fonte della contaminazione o per mettere a confronto i casi con i controlli corrispondenti.



Può anche risultare utile il prelievo di campioni nel caso in cui venditori ambulanti, i componenti di una famiglia, il personale di laboratori artigianali o di aziende alimentari riferiscano - in occasione di un’indagine - di presentare sintomi tipici di malattie diarroiche o di aver lamentato sintomi riferibili ad altre forme gastrointestinali.

L’attrezzatura necessaria per la raccolta di questo tipo di campioni comprende a. scatole di cartone con coperchi per campioni di feci b. vasetti e provette contenenti soluzioni conservanti per il trasporto dei campioni c. scatole di metallo o di cartone antiurto d. tamponi sterili, spugne sterili e. serie di tamponi rettali f. pacchetti di garza sterile, 10 x 10 cm g. provette con terreni di trasporto.







q ESAMI BATTERIOLOGICI SUI CAMPIONI



Conteggi in piastra per campioni di alimenti ottenuti immediatamente dopo cottura, e ancora dopo un periodo di custodia, possono fornire una informazione sullo sviluppo microbico durante il periodo di conservazione. Informazioni sulla inattivazione microbica possono essere ottenute da conteggi su materiale crudo (materie prime), su campioni prelevati immediatamente dopo cottura, e su campioni di cibi cotti dopo conservazione.

Se si prelevano soltanto pochi campioni, possono verificarsi considerevoli variazioni nei conteggi. Ciò nonostante, queste prove si sono dimostrate utili e possono essere eseguite nella maggior parte dei laboratori.



Escherichia coli, coliformi, coliformi fecali ed Enterobacteriaceae sono utili indicatori di contaminazione di cibi trattati termicamente. Staphylococcus aureus può essere utilizzato come indicatore di avvenuta manipolazione di cibi già cotti da parte di persone, oppure di un cattivo impiego della combinazione tempo-temperatura nel trattamento di alimenti a rischio. Le salmonelle sono state usate come indicatori della insufficienza del trattamento termico (ad esempio nella pastorizzazione delle uova) o della contaminazione di alimenti di origine animale trattati termicamente.





L’informazione epidemiologica può indicare che alcuni cibi dovrebbero essere indagati per determinati patogeni o organismi indicatori. Ad esempio riso, prodotti cerealicoli, fagioli, latte e prodotti di patate dovrebbero essere indagati per Bacterius cereus; pesce e frutti di mare per Vibrio parahaemolitycus; carni cotte e prodotti di polleria, sughi di carne, fagioli per Clostridium perfringens.

Se le potenzialità del laboratorio sono limitate, possono essere utilizzate procedure di arricchimento di alimenti crudi (per evidenziare la fonte della contaminazione) ed anche di alimenti appena cotti (per valutare la possibile sopravvivenza di microrganismi alla cottura) e conte microbiche di alimenti cotti e conservati per periodi sufficientemente lunghi dopo la cottura (per determinare se i microrganismi si sono moltiplicati).

È necessaria una stretta collaborazione tra il personale che lavora sul campo e il personale del laboratorio. Quest’ultimo dovrebbe sempre essere informato sulle ragioni dell’invio del campione e sulle prove richieste.



q ANALISI DI SPECIFICHE OPERAZIONI





1. Alimenti trattati in laboratori artigianali

2. Stabilimenti di ristorazione collettiva, rivendite ambulanti e al dettaglio



1. I pericoli associati con gli alimenti trattati in laboratori artigianali variano in rapporto al tipo di alimento e al tipo di trattamento utilizzato. In ogni caso possono essere elencati alcuni principi generali:



- Alcuni ingredienti, soprattutto quelli di origine animale, possono contenere germi patogeni: per esempio carne cruda, pollame e pesce ospitano spesso diversi patogeni enterici; le spezie, lo zucchero e l’amido possono contenere spore batteriche; l’acqua può essere contaminata da patogeni enterici oppure da microrganismi saprofiti responsabili del deterioramento degli alimenti; cereali e noci possono contenere micotossine.

Se il trattamento non è in grado di inattivare i microrganismi o le sostanze tossiche, gli ingredienti in uso debbono essere presi in seria considerazione, specie se i cibi sono destinati a persone più sensibili dell’adulto sano, come bambini, vecchi, malati, malnutriti.



- Trattamenti inefficaci possono creare pericoli. Ad esempio la pastorizzazione e la sterilizzazione, e qualche volta il preriscaldamento, vengono applicati per inattivare determinati gruppi di microrganismi, ma inadeguati tempi di esposizione al calore o temperature troppo basse possono permetterne la sopravvivenza.



Alcune sostanze chimiche vengono aggiunte per inibire la crescita microbica (ad esempio sali, nitriti, acidi), ma se la loro concentrazione non è sufficiente, o se la loro dispersione nell’alimento non è omogenea, il trattamento può risultare inefficace.

Nei processi di fermentazione la flora fermentante è in grado di inibire la crescita di microrganismi indesiderabili e, con i prodotti del suo metabolismo, di inattivare i patogeni. Se la fermentazione è rallentata, la moltiplicazione batterica può avere luogo, con formazione di tossine che poi resistono al successivo regolare andamento del processo.

Nei processi di essiccamento la disidratazione lenta ed incompleta, come anche il confezionamento difettoso dei prodotti secchi, possono consentire lo sviluppo di microrganismi.

Infine, una refrigerazione inadeguata o la conservazione prolungata di alimenti deperibili nei frigoriferi possono essere causa di deterioramento o di crescita di alcuni microrganismi patogeni.



- Altri potenziali pericoli sono legati alla possibilità che i prodotti siano sottoposti successivamente ad errate manipolazioni da parte degli operatori o da parte di chi, dopo l’acquisto, preparerà i cibi nell’ambiente domestico.





Nella valutazione della stabilità di un prodotto si dovranno sempre tenere presenti le conseguenze del suo cattivo uso. A questo riguardo, i fattori da considerare sono i seguenti: entità del trattamento termico, pH e aw del prodotto, presenza di conservanti per inibire la crescita di determinate specie microbiche o la germinazione delle spore, temperatura nella distribuzione e nella conservazione.

Ogni modificazione nel confezionamento dovrà essere valutata per l’influenza che può avere sulla crescita dei microrganismi che sopravvivono al trattamento. Particolare attenzione dovrà essere riservata a quei prodotti che, data la loro composizione, possono favorire la crescita di microrganismi patogeni. Ed ancora, bisognerà raccogliere informazioni su come il prodotto sarà probabilmente manipolato da parte dei clienti.

Il gestore del laboratorio di preparazione potrà aver bisogno di aggiungere ulteriori precauzioni nel processo di trattamento: per renderlo più sicuro potrà inserire avvertimenti sull’etichetta o rendere consapevole in altro modo l’acquirente del potenziale pericolo.



2. Negli stabilimenti di ristorazione, dove i cibi sono preparati, esposti, serviti o venduti, andranno valutate prima di tutto la fonte di approvvigionamento delle materie prime e la probabilità che queste siano contaminate già all’arrivo o durante la manipolazione. Le ricette dei cibi composti (formulati) andranno valutate in funzione del contenuto in tipi e quantitativi di ingredienti capaci di veicolare patogeni, come anche di altre sostanze (ad esempio acidi, sali, zucchero, aglio) ad azione stabilizzante.

Le procedure di cottura ed i successivi riscaldamenti andranno considerati per stabilire se sono sufficienti ad inattivare i patogeni e a denaturare eventuali tossine. Si dovranno accertare le condizioni in cui viene tenuto l’alimento dopo il riscaldamento, per determinare se le spore sopravvissute al trattamento termico possono andare incontro a germinazione, e quindi se le cellule vegetative che ne derivano - o altri microrganismi che raggiungono l’alimento dopo il trattamento - sono in grado di moltiplicarsi.



A questo scopo alcune o tutte le seguenti precauzioni saranno necessarie nelle varie fasi dell’operazione:

- Ricezione. Ispezionare gli alimenti in arrivo, per accertarne qualità, temperatura, pH, aw e tipo di confezionamento. Controllare la presenza di eventuali difetti nelle confezioni e ipotizzare il tipo e la quantità di contaminanti che possono essere presenti. Prendere nota dell’origine dell’alimento e, se possibile, della storia dei trattamenti subiti in precedenza. Può essere utile avere informazioni sulle garanzie di qualità fornite dal produttore o sull’applicazione del programma HACCP a livello di produzione.

- Stoccaggio. Valutare i metodi di conservazione degli alimenti crudi, congelati, refrigerati o disidratati, per identificare ogni situazione che potrebbe permettere contaminazione o crescita microbica.

- Manipolazione dei prodotti crudi. Osservare la manipolazione dei prodotti crudi, la ricostituzione dei prodotti disidratati, lo scongelamento dei prodotti surgelati e la preparazione di alimenti da servire senza successivo riscaldamento, per identificare le operazioni durante le quali potrebbe verificarsi contaminazione.

- Composizione. Riesaminare la formulazione dei cibi (ricette) e se opportuno misurare pH e aw.

- Cottura. Misurare la temperatura più alta raggiunta nel centro geometrico dell’alimento dopo la cottura, o registrare tempo e temperatura dell’esposizione durante la cottura, per determinare se germi patogeni possono sopravvivere dopo il trattamento.

- Manipolazione di alimenti cotti. Osservare la manipolazione degli alimenti cotti per identificare le possibili modalità di contaminazione.

- Conservazione a caldo di alimenti cotti. Misurare la durata della conservazione a caldo e la temperatura, per valutare se i patogeni possono sopravvivere e moltiplicarsi.

- Conservazione di alimenti cotti a temperatura ambiente. Osservare se gli alimenti vengono conservati a temperatura ambiente e, se questo avviene, misurare la temperatura e la durata dell’esposizione, per determinare se germi patogeni possono moltiplicarsi o produrre tossine.

- Raffreddamento. Misurare ad intervalli, durante l’operazione, lo spessore del cibo da raffreddare e la sua temperatura, per determinare la possibilità di moltiplicazione di germi patogeni.

- Riscaldamento. Misurare il valore più alto di temperatura raggiunto nel centro geometrico del prodotto dopo il riscaldamento o registrare tempo e temperatura dell’esposizione del cibo, per determinare se germi patogeni possono essere sopravvissuti a questa procedura.

- Pulizia di attrezzature ed utensili. Valutare se le procedure di pulizia e disinfezione delle attrezzature e degli utensili sono efficaci nel rimuovere o inattivare i patogeni.

- Conservazione del prodotto finito. Valutare le caratteristiche del prodotto finito (pH e aw) e se possibile qualità microbiologiche, per individuare il tipo di conservazione più appropriato.

- Personale. Valutare la conoscenza del personale riguardo le norme igieniche da rispettare nella manipolazione degli alimenti.













q IL SISTEMA HACCP PER FORMAGGI FRESCHI



Per precisare le definizioni, ricordo che CCP 1 indica che il controllo a questo livello assicura l’esclusione del pericolo, CCP 2 significa che il controllo a questo livello riduce il rischio, ma non assicura tassativamente l’esclusione di un pericolo di contaminazione.

Per tutti i prodotti freschi si deve riconoscere che tutte le fasi riguardanti la materia prima, dalla produzione alla consegna e allo stoccaggio del latte crudo, sono un programma complessivo di HACCP prima che il prodotto arrivi al trattamento.

Il controllo degli inibenti, come gli antibiotici, dei residui di insetticidi, delle micotossine, della mastite, riguarda requisiti fondamentali, che di norma fanno parte di un costante monitoraggio dell’utilizzazione sul latte in entrata.



I mezzi per evitare contaminazioni del latte alla mungitura, o al contatto con superfici potenzialmente in grado di arrecare microrganismi indesiderabili, o addirittura germi patogeni, sono controllati mediante un monitoraggio delle operazioni di raccolta del latte, per ridurre al minimo le possibilità di contagio del prodotto durante tali operazioni.



La refrigerazione rapida a meno di 4°C del latte appena munto è una fase nella quale il controllo deve orientarsi, specialmente sulla conta dei batteri psicrotrofi ed anche, come strumentazione, sui parametri tempo/temperatura di refrigerazione alla stalla.

Durante il trasporto il latte deve mantenersi freddo e non deve aumentare la contaminazione per causa di cisterne sporche; il monitoraggio deve riguardare la registrazione della temperatura del latte durante il trasporto ed il tempo impiegato per il trasferimento, ed inoltre può risultare utile una frequente ispezione visiva all’interno della cisterna pronta per il trasporto. Utile anche la misurazione della temperatura prima dello scarico del latte.

Nei serbatoi di stoccaggio di centri di conferimento il latte deve sostare a bassa temperatura, meno di 7°C, e tale temperatura deve essere registrata e tenuta sotto controllo (è un punto critico); così pure devono essere registrati i cicli di lavaggio (CIP) e deve essere effettuata un’ispezione visiva all’interno dei serbatoi, per assicurarsi dell’efficienza del lavaggio.

Nel procedimento di preparazione del formaggio fresco il punto critico decisivo, quello segnato nel diagramma allegato come CCP 1, è la pastorizzazione e il successivo raffreddamento del latte. Questi infatti sono i punti del ciclo del processo più determinanti ai fini della salubrità del prodotto.





I parametri tempo/temperatura della pastorizzazione e del conseguente raffreddamento devono essere registrati e verificati sui rispettivi diagrammi, e così pure i cicli di lavaggio e disinfezione devono figurare sui grafici, e devono seguire i programmi predeterminati.



Le pressioni del latte crudo nella sezione di recupero devono pure essere oggetto di costante monitoraggio. Ispezioni degli impianti e analisi batteriologiche sistematiche devono escludere possibilità di contaminazioni incrociate del prodotto dopo il trattamento (integrità delle guarnizioni e delle superfici degli scambiatori possono essere verificate visivamente).

Il latte pastorizzato viene trasferito in serbatoi, e questo ciclo viene sottoposto a controllo mediante monitoraggio con ispezione visiva e verifica del processo di lavaggio e disinfezione delle parti interne delle attrezzature.

A questo punto il latte viene inseminato con fermenti. L’accuratezza della preparazione del fermento come coltura madre è importantissima per preparare un fermento puro, attivo, privo di contaminanti; queste proprietà si controllano in laboratorio.



Un punto critico di controllo (CCP) è il momento dell’aggiunta della coltura al latte e poi l’esito che si registra in termini di parametri tempo/temperatura, per raggiungere la coagulazione desiderata. La pulizia, il lavaggio, la disinfezione del ciclo del prodotto all’interno di tubazioni, serbatoi ecc. devono essere assicurati e sottoposti a monitoraggio sistematico.

Queste fasi, come quelle successive, in particolare l’aggiunta di gusti, spezie ecc., devono essere sorvegliate allo scopo di evitare l’apporto di contaminazioni successive al trattamento fondamentale di pastorizzazione. Pertanto si tratta di punti contrassegnati con CCP2, il che significa non minore importanza, ma minore possibilità di evitare il rischio se non si opera 1. con materie prime ben controllate (valgono le garanzie da chiedere ai fornitori) 2. secondo scrupolosi principi igienici.

Il monitoraggio deve riferirsi al controllo dell’acidità del prodotto, e dei tempi e delle temperature di maturazione necessari per raggiungere il livello di acidificazione prefissato. Valgono anche, per prevenire le contaminazioni, il monitoraggio delle condizioni microbiologiche dell’ambiente, dell’aria, delle superfici interne dei serbatoi, delle tubazioni ecc.

Un importante punto critico è la fase di confezionamento: essa comprende il controllo del materiale dell’imballaggio, che deve essere in condizioni microbiologiche soddisfacenti. L’apposizione di un adatto codice di riconoscimento è essenziale per una verifica appropriata. Anche l’ambiente di confezionamento deve essere sottoposto al monitoraggio delle condizioni microbiologiche dell’aria, dei pavimenti, delle pareti e delle attrezzature usate per il confezionamento.



Nelle fasi di deposito e di distribuzione, il controllo del punto critico si identifica nel rilevamento del tempo e della temperatura di conservazione del prodotto. Significativo è anche l’accertamento delle confezioni nelle manovre di trasferimento sino al consumatore. La registrazione delle temperature di cella, dei mezzi di trasporto, degli espositori al negozio, è fattore essenziale, così come la verifica della rotazione del prodotto nei punti vendita.

Il procedimento di lavorazione dei latti fermentati è simile a quello dei formaggi freschi, sia nelle fasi di preparazione del latte sia nelle fasi di inseminazione e maturazione. Nel caso di aggiunta di sapori, dolcificanti ecc. questa può avvenire insieme alla coltura di fermenti, o addirittura prima della pastorizzazione, oppure - come nel caso della frutta - dopo la fermentazione.

Anche qui è molto importante il controllo della preparazione della coltura madre, nonché - nel caso delle sostanze aggiunte - l’accertamento delle qualità microbiologiche delle stesse. Nel caso si proceda a fermentazione e coagulazione del prodotto dentro i contenitori, cioè nelle confezioni, un certo numero statisticamente significativo di confezioni deve essere prelevato e sottoposto a monitoraggio per la valutazione dell’intera partita.





Un punto critico di controllo importante è sempre costituito dal reparto confezionamento: oltre al controllo delle attrezzature per il confezionamento, devono essere accertate anche le condizioni - soprattutto dal punto di vista microbiologico - del materiale usato per la confezione.

Le condizioni microbiologiche dell’aria, dei pavimenti, delle attrezzature presenti nell’ambiente adibito al confezionamento devono essere sottoposte a monitoraggio. A proposito della distribuzione valgono i medesimi comportamenti indicati in precedenza per i formaggi freschi fermentati.

I prodotti pronti per il consumo potrebbero comprendere: nuovi prodotti refrigerati, formaggi molli porzionati e vari altri preparati tradizionali, senza ulteriori trattamenti. Il punto critico CCP2 previamente preso in esame per le fasi di confezionamento, deposito, distribuzione vale anche per questi prodotti. In ogni caso le operazioni di porzionamento, formatura, protezione con sacchetti ecc. devono essere controllate mediante monitoraggio, allo stesso modo di ogni operazione di confezionamento.

I programmi HACCP sin qui descritti sono comuni alla generalità dei casi e possono essere adattati a processi innovativi che prevedano comunque la necessità di operare secondo il sistema HACCP.